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Spazio Barbaro: Il bello e l'utile a Reggio Calabria

Ciò che è bello e ciò che serve

di Nanni Barbaro - 25 novembre 2024 11:00

C’è una sorta di inspiegabile pudore, a Reggio, nel mettere in risalto le opere che vengono eseguite (quando vengono eseguite) per soddisfare i bisogni elementari e legittimi dei cittadini. Ci avrete fatto caso: si dà un risalto esagerato alle opere di abbellimento e di intrattenimento, con tanto di video promozionali o addirittura di monito imbronciato e moralmente ricattatorio (“poi dite che non facciamo niente. Non siete mai contenti di niente”) e si dà ben poca importanza e risalto alle opere che agevolano la vita del cittadino ogni giorno e ogni notte che Dio mette in terra. Si, vabbè: talvolta capita proprio perché le famose “opere pubbliche” o non si fanno o si fanno in capitoli che possono avere pure un intervallo di qualche decennio tra di loro.

La Gallico-Gambarie e il Teatro di Gallico sono soltanto due tra gli esempi più eclatanti. Il più delle volte perché le opere di abbellimento, nell’immaginario collettivo, sono viste come “primarie” e quelle di ordinaria esigenza civica come “secondarie”, quasi banali e noiose pure a raccontarsi. Ogni rione di Reggio potrebbe esibire una lunga lista, ingiallita dal tempo, di incompiute o di sedotte e abbandonate. Tuttavia, all’avvento di un’opera pubblica mirata all’abbellimento e allo svago, si finisce col dare (e con l’ottenere) il massimo del risalto: “Ma viristi ch’ bella Via Marina? Viristi ch’è bellu u Tempiettu ora? Ma viristi chi stannu facendu a Pindimeli, all’ex Fiera Agrumaria”?

Vorrei vivere abbastanza da poter vedere, in Tv e sui social, qualcuno che passeggia per le strade di Archi o di Arghillà per annunciare che non saranno fatti praticelli con gli spruzzi o panchine giganti ma, sì, si faranno anche quelli ma la cosa che più ci urge è mettere sta povera gente in condizioni di sentirsi in qualche modo parte della parte gentile e decorosa di questa città.

Ogni giorno, vorrei vedere, una meditabonda diretta per mostrare squadre di tecnici e operai che sistemano le strade, l’impianto idrico, le fogne. Tagliano l’erba e piallano sterrati immondi per renderli prati coltivati e fioriti, parcheggi beni disegnati, bidoni per la differenziata. Poi, certo, decine e decine di carabinieri e poliziotti che presidiano la zona estirpando la mala pianta della delinquenza spicciola e del vandalismo sistematico, del criminale arbitrio della spazzatura buttata ovunque e degli incendi cancerogeni che si ripetono ogni giorno.

Non è tollerabile che Arghillà sia una immensa autorimessa per tutte le auto e i motorini rubati in giro. Vorrei sentir dire che non vogliamo competere con Las Vegas, per gli effetti speciali, ma con una qualsiasi cittadina italiana dove tutto funziona e regna la pulizia e l’ordine. Purtroppo, se il Centro sta diventando motivo di vanto, è soltanto il 20 per cento di quell’80% che è ancora motivo di vergogna e degrado intollerabili.

A me pare che a Reggio l’abbellimento coincida con l’astrattezza e il degrado coincida con la situazione umana reale nella quale vivono e si dibattono migliaia di cittadini ogni giorno. Le fogne e i lampioni, le strade asfaltate e i cassonetti dell’immondizia non saranno “belli” ma di certo sono molto più utili per il benessere civile e la bellezza della qualità della vita che potrebbero darci.

Impariamo a dire, per adesso, a scopo di pura tattica sociologica, non più “quanto è bello” ma “quanto è utile”. E quando tutto sarà Utile Reggio Calabria, col panorama e col clima che si ritrova, sarà davvero la Grande Bellezza, (a prescindere dal fatto che a Sorrentino potrebbe venire la malsana idea di farne un film…)

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