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Spazio Barbaro: Il Tempietto, cuore di Reggio

C’è un chiaro e speriamo irreversibile indizio che questa città può veramente cambiare rotta

di Nanni Barbaro - 30 agosto 2024 14:42

Se non distruggeranno l’area dell’ex Tempietto, vandali o daltonici irritati dal non poter cogliere così tanti colori in una volta, è soprattutto perché non saprebbero da dove cominciare, perché tanta è la bellezza e la tenerezza che questo posto ora ispira che persino i più duri di cuore esiterebbero a mettere mano a benzina, fiammiferi o piccone.

Questa chiamatela speranza ma io mi auguro di tutto cuore che divenga una certezza garantita anche dal numero delle telecamere, che mi dicono essere superiore a quelle del Grande Fratello (Dio mi perdoni questo riprovevole cedimento pubblicitario al programma spazzatura per eccellenza! Ordinerò sei Messe cantate in Duomo per sperare nella Misericordia Divina…) e dalla presenza di guardie giurate o altre categorie di forze dell’ordine sempre pronte a spianare le armi a difesa del bene più prezioso per l’umanità, che viene subito dopo l’Amore: la Bellezza, appunto.

La sera della inaugurazione c’era, forse per la prima volta dopo secoli, veramente ogni categoria di cittadini degnamente rappresentata. Vabbè, a parte la scontata presenza del Sindaco e delle autorità religiose, si partiva dall’anziano signore con cravatta e moglie al braccio che collaudavano le panchine (non quella altissima. Per quella ci vuole il brevetto di scalatore e una età idonea) per passare agli atleti semiprofessionisti, alle giovani leve calcistiche e cestistiche, ai pastori tedeschi che facevano il rodaggio dello spazio dedicato ai cani.

Già a vederla dall’alto, l’area, sembrava qualcosa di impossibile in natura: un plastico, un presepe, una costruzione virtuale al computer e invece, vista raso terra, è una visione concreta e tangibile percorsa ed esplorata in ogni dettaglio dagli esterrefatti occhi dei reggini dalle cui retine sembrava ardo rimuovere i dolenti fotogrammi delle distese di spazzatura e di quella specie di pollai arancioni, sparsi per tutta la città, al cui interno vivono beate e protette buche storiche, perdite primordiali di acqua, consunte cassette di frutta che avevano fatto eroicamente da sentinella alle ruote delle nostre macchine e a femori e scatole craniche dei motociclisti.

Ovvio che tali deplorevoli monumenti ai tempi indefiniti e al fancazzismo di tanti operai, persistono e persisteranno perché è evidente che qualcuno sta conducendo un ardito esperimento fotocromatico che consiste nel calcolare quanto ci vorrà perché da arancioni diventino bianche e da bianche, trasparenti, così che buche e perdite riappaiano in tutto il loro splendore archeologico e vengano restituite alle loro ferali funzioni.

Intanto, però, isoliamoci da tutto e facciamo finta che tutto va ben rimirando questo angolo di paradiso affacciato al mare, che riassume le aree ricreative di almeno dieci grosse metropoli ignare di pollai: c’è un po' di Amsterdam, un po' di Londra, un po' di Prater di Vienna, ma anche un po' di Torino, di Bologna, di Rimini e di Rapallo in questi pochi ettari nei quali la creatività reggina si è espressa da par suo (che quando vuole, il riggitano, sa fare meraviglie. Lo scriveva Nicola Giunta quasi un secolo fa).

C’è soprattutto un chiaro e speriamo irreversibile indizio che questa città può veramente cambiare rotta, anche in virtù delle stesse rotte che Ryanair sta facendo e quelle che farà: Reggio-Charleroi non lo avrebbe immaginato nemmeno Jules Verne da ubriaco, eppure, a quanto pare, si farà. Il progresso e la civiltà fanno diventare normali cose che sembravano una utopia irrealizzabile fin tanto che c’eravamo rassegnati alle pochezze e alla sciatteria.

Se perdiamo pure questa occasione e se, Dio non voglia, l’area del tempietto dovesse essere rasa al suolo da vandali, mancata manutenzione, rosicamento di ndrangheta o incuria dei cittadini, allora bisognerà usarla come piattaforma per slanciarci verso il mare, tutti e cu tutti i robbi, dal primo all’ultimo dei cittadini, con molte pietre in tasca

Speriamo bene

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