Un viaggio nella storia e nel mistero i “Festa Maronna”
Paolo Frascati ci porta a scoprire una delle storie più affascinanti della nostra tradizione
di Paolo Frascati - 12 settembre 2024 08:59
REGGIO CALABRIA - Tra pochi giorni la città si appresterà a indossare il suo abito più solenne per celebrare uno degli eventi più sentiti ed attesi dall’intera comunità ma, anche, l'avvenimento che più profondamente si è radicato nella sua identità: la Festa di Santa Maria Madre della Consolazione.
Consolazione dei reggini
Sebbene il patrono ufficiale sia San Giorgio, è la Madonna della Consolazione ad occupare il ruolo centrale nel cuore dei reggini, erigendosi come figura protettrice e guida spirituale. Nei secoli, è stata lei a raccogliere le suppliche silenziose, le speranze più intime e le lacrime di una comunità che si è sempre rivolta a lei con fiducia e devozione. Ogni preghiera pronunciata davanti alla sua effigie, ogni candela accesa, rappresenta un gesto di amore e fede che testimonia un legame che attraversa generazioni e con questo racconto tenteremo di dimostrare che oggi la Festa della Madonna della Consolazione è diventata molto più di una celebrazione religiosa; sta diventando, infatti, sempre più un ampio momento in cui la città si rigenera, rinsaldando i propri legami sociali e culturali.
L'universo complesso
Per molti è un momento di rievocazione storica ed antropologica, per altri un’occasione di riscoperta delle proprie radici, un’occasione per sentirsi parte di un patrimonio condiviso con l’orgoglio di appartenere a una comunità che ha saputo mantenere vivo questo rito secolare. Possiamo, quindi dire senza timore di smentita che, chiunque partecipi alla vita di Reggio Calabria durante le celebrazioni mariane, si immerge in un universo culturale complesso, dove sacro e profano si fondono armoniosamente. Le manifestazioni religiose, come le processioni solenni, si alternano a eventi laici che spaziano dalle bancarelle alle giostre, sino ai conclusivi fuochi pirotecnici, rendendo l'atmosfera ancora più variopinta e vibrante. Ma anche momenti enogastronomici che si tramandano di generazione in generazione, come le frittole e la salsiccia simbolo della centralità della festa per la comunità, i mostaccioli, le cosiddette nzudde, la calia e tanti altri alimenti che hanno fermato il tempo consegnandolo alla storia di Reggio Calabria.
La storia e il mistero
Quello che non tutti sanno è che la storia della Madonna della Consolazione si intreccia con quella di Reggio Calabria, ma è una narrazione che, a tutt'oggi, porta con sé interrogativi irrisolti e misteri che affascinano studiosi e devoti. In questo racconto si tenterà di riassumere le principali curiosità, i misteri e le storie i “festa Maronna”. La figura della Vergine Maria non è solo un simbolo religioso, ma rappresenta un filo conduttore che collega passato e presente, attorno alla quale si consolidata la devozione dei reggini nel corso del tempo. Si canta “ora è sempri, viva Maria” anche perché il cuore della celebrazione pulsa attorno a un elemento di straordinaria rilevanza: il celebre Quadro della Madonna.
Tuttavia, l'origine di questo dipinto rimane un enigma avvolto nel tempo. Addirittura, secondo alcune fonti storiche, sarebbero esistiti due dipinti: il primo, ormai scomparso, e il secondo, quello che ancora oggi viene venerato. Ma anche su quest'ultimo, le incertezze non mancano. Non è chiaro, ad esempio, chi sia l’artista che lo ha realizzato.
La storia sul “primo Quadro” racconta di una famiglia genovese, trasferitasi a Reggio alla fine del XV secolo, che portò con sé un’immagine sacra della Madonna con Gesù e che decise di costruire una cappella su una collina chiamata "La Botte" affidando inizialmente ai terziari francescani la custodia. Si precisa che questo quadro era senza le figure di S. Antonio e S. Francesco, presenti nel Quadro attualmente venerato e di cui si dirà ampiamente in seguito.
I custodi, i terziari francesi (o più precisamente terziari francescani) sono i membri del Terzo Ordine di San Francesco, una comunità laica fondata da San Francesco d'Assisi per persone che, pur non entrando nella vita monastica (come i frati del Primo Ordine o le suore del Secondo Ordine), desideravano vivere secondo i valori e gli ideali del francescanesimo. Il Terzo Ordine, conosciuto anche come Ordine Francescano Secolare (OFS), fu fondato da San Francesco intorno al 1221 per offrire un modo a laici, uomini e donne, di condurre una vita di povertà, preghiera e carità, rimanendo nel mondo secolare. A differenza dei monaci e delle monache, i terziari non facevano voti di clausura o povertà assoluta, ma erano impegnati a vivere secondo i principi di San Francesco nel contesto della vita quotidiana e lavorativa.
Perché può essere importante in questo racconto precisare chi siano i terziari francesi?
Essi oltre ad essere i primi custodi del “primo Quadro”, erano anche detti “Romiti” per via della loro vita ritirata e dedita alla preghiera, che spesso si svolgeva in luoghi appartati e lontani dal mondo, simile a quella degli eremiti. Non erano veri e propri monaci eremiti, ma vivevano in comunità e seguivano una regola ispirata al francescanesimo, caratterizzata da uno stile di vita austero e semplice, che prevedeva la rinuncia ai beni materiali e un forte impegno spirituale. Il termine "Romiti" segnava la scelta di distaccarsi dalla vita mondana, anche se non in maniera totale come gli eremiti, ma rimanendo comunque vicini alla vita comunitaria e agli insegnamenti di San Francesco.
Dunque, proprio dai "Romiti" che, sono la forma linguistica arcaica con cui si compone l’identificazione del luogo che ancora oggi accoglie il Quadro attuale.
Attorno al Quadro proveniente da Genova rimane ancora un enigma affascinante e ricco di misteri. Difatti, nonostante in tanti si siano dedicati alla ricerca di informazioni più dettagliate su questa preziosa reliquia, portando anche alla luce scoperte interessanti, permangono dubbi e controversie che restano ancora oggi in attesa di conferma. Le ricerche attorno a questo piccolo e prezioso Quadro continuano, e con esse la speranza di far luce su una parte importante della storia e della devozione reggina. Ogni nuovo dettaglio scoperto ci avvicina un po’ di più a comprendere l’essenza di questo simbolo tanto amato e venerato.
Si è tentato di identificare con precisione l’epoca in cui fu realizzato, lo stile pittorico che lo contraddistingue, la postura della Madonna, le dimensioni precise e, soprattutto, il nome dell’artista che lo creò.
Mentre il nome dell’artista, la provenienza esatta del Quadro rimangono sconosciute, come la sua destinazione finale e la sua attuale collocazione, l’unica certezza storica è legata alla circostanza in cui questo Quadro viene sostituito da quello che attualmente viene venerato.
La circostanza datata ai primi anni del 1500 per essere presentata dettagliatamente necessità di un passaggio ulteriore che consenta il corretto inquadramento storico.
Preliminarmente occorre segnalare che nell’anno 1518 vi fu l’istituzione da parte di Papa Clemente VII dell’Ordine dei Cappuccini e, grazie alla venuta di alcuni di essi nella provincia di Reggio Calabria si affidò a loro la custodia del primo Quadro.
Con precisione, il Breve di Papa Clemente VII riconobbe anche ai frati Ludovico Comi e Bernardino Molizzi, nativi entrambi di Reggio Calabria, il diritto¬ a condurre vita eremitica secondo la Regola del Serafico Patriarca, San Francesco d’Assisi. I due frati Cappuccini reggini dapprima costruirono una casa nella Motta¬ di Filogaso, piccolo comune calabrese, quindi abitarono tra i ruderi di un antico cenobio basiliano lungo la valle del Tuccio (nelle zone vicine ai comuni di Roghudi e Bagaladi nella Provincia di Reggio Calabria), infine, nell’anno 1532 chiamati dall’arcivescovo di Reggio Calabria, Gerolamo Centelles, si trasferirono sulla collina dell’Eremo La Botte sopra la città in un piccolo accampamento.
L’incontro tra questi frati cappuccini ed il primo Quadro fornisce un’altra certezza, ovvero, che inizialmente questo fosse posizionato nella cappelletta di Giovan Bernardo Mileto, il primo grande benefattore dei frati cappuccini. Fu lui, infatti, che accolse con generosità i cappuccini a Reggio Calabria, dopo che il vescovo Gerolamo Centelles li invitò a stabilirsi in città nel 1532.
Per meglio presentare la sostituzione del primo con l’attuale Quadro è necessario fare un altro cenno storico.
La data a cui si attribuisce la riproduzione del Quadro attuale è nel 1547, difatti, la storia narra di un pittore reggino, tale Niccolò Andrea Capriolo, che su incarico del nobile Camillo Diano raffigurò la primitiva immagine della Madonna, quella del primo Quadro, in un nuovo quadro di dimensioni notevolmente maggiori rispetto a quello portato a Reggio dalla famiglia genovese, e vi inserì le figure di S. Antonio e S. Francesco. La donazione del nuovo Quadro, quello attuale, da parte di Camillo Diano è stato un atto per esprimere gratitudine verso i cappuccini e, per tale ragione, venne arricchito dall’aggiunta di San Francesco d'Assisi e Sant'Antonio di Padova, simboli di riconoscimento per l’instancabile dedizione e l’impegno con cui questi frati servivano il popolo di Reggio Calabria, non solo nei bisogni spirituali, ma anche umani e sociali. L’antica icona fu utilizzata sull’altare maggiore del nuovo santuario dei Cappuccini.
Non appena l’opera fu prodotta dall’artista, Camillo Diano lo donò ai frati cappuccini in sostituzione del primo portato dalla famiglia genovese, di minori dimensioni, che venne trattenuto dalla famiglia Diano.
Fu così che le tracce del primo Quadro si persero definitivamente per il trasferimento a Malta della famiglia Diano e le sue vicende si confondono dopo l’invasione napoleonica dell’isola. Da allora il mistero del primo Quadro divenne oggetto di tante ricostruzioni senza che ad oggi nessuno sappia dove sia collocato.
Questo atto di fede ha dato vita alla devozione dell’attuale Quadro che è cresciuta con il passare dei secoli, radicandosi profondamente nella comunità reggina.
Il dipinto attualmente venerato raffigura la Madonna su un trono, col Bambino Gesù sul braccio destro, incoronata da due angeli che sostengono con una mano la corona sul capo della Vergine e con l’altra la palma della vittoria. Questa raffigurazione trae origini dalle più antiche rappresentazioni della Madonna della Consolazione che provenivano da Creta, dove era attiva nei secoli XII-XIII una scuola veneto-cretese che ha marcato la storia dell’arte bizantina. Tratto distintivo di queste immagini sacre, è la posizione delle teste, opposte l’una all’altra e il movimento per cui la Vergine regge il bambino con la destra e lo indica con la sinistra.
Come già anticipato, nel Quadro attuale Camillo Diano fece raffigurare al Capriolo due figure ai lati del trono della Madonna, San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio da Padova.
A destra della Madonna troviamo San Francesco d’Assisi che nella mano destra sorregge il libro della Genesi, come indica la scritta dell’incipit “in principio creavit Deus celum / terra autem erat inanis et vacua” (In principio Dio creò il cielo la terra invece era senza vita e vuota), sulla mano sinistra mostra le sacre stimmate e sostiene una croce latina di aspetto estremamente semplice.
Alla sinistra della Divina Signora, Sant’Antonio da Padova Regge un giglio mentre nell’altra mano stringe un libro rosso chiuso. Ai piedi del trono della Vergine un cartiglio recita “opus Andria Cap… pi_ uri 1547”.
Un’altra curiosità è legata ai volti del Quadro.
Il volto della Madonna, restituirebbe i lineamenti della Vergine, come erano ritratti nel primo Quadro. Il committente sarebbe stato riprodotto nelle fattezze di San Francesco ricolto verso la Vergine per garantire una maggiore vicinanza alle preghiere rivolte a Lei rivolte, mentre sant’Antonio avrebbe le sembianze di Giovan Bernardo Mileto, l’altro reggino benefattore dei fondatori dell’Ordine.
Le notizie artistiche sull’autore riportate sul Quadro a firma “Andria Cap … pitturi” sono praticamente inesistenti. Solo i racconti tramandati sino ad oggi ci permettono di affermare che è stato il Capriolo l’artista ma non è nota, né gli viene attribuita alcuna ulteriore opera. Altre parole, non molto leggibili, sono presentie sono tuttora allo studio degli esperti.
Nel corso degli anni il Quadro è stato sottoposto a varie azioni di restauro con risultati alterni, sino al 1972 quando fu affidato il restauro al pittore greco residente a Roma e accreditato presso la Santa Sede, Dimitriu Vakalis, il quale lo eseguì con mano maestra, come si può tuttora osservare. Lo stesso artista fece dell’originale una copia fedelissima, che si conserva nel refettorio grande del Convento dell’Eremo. Un’altra copia, realizzata dal Prof. Michele Prestipino, è collocata nella Cappella privata del Vescovo, in Episcopio.
A conclusione di questo primo contributo possiamo affermare che si è tentato di valorizzare l’importanza della Festa della Madonna raccontando la storia del primo Quadro e la sua sostituzione con quello attuale, i loro misteri e le curiosità ritrovate tra varie fonti.
Nel prossimo si presenteranno nuovi aspetti di questo evento in cui il tempo sembra fermarsi, in cui ogni reggino sente di far parte di qualcosa di più grande, perché è una festa che ci ricorda l’importanza delle nostre radici, della nostra fede e dell’essere uniti, soprattutto nei momenti di difficoltà. È anche un’occasione per fermarsi, riflettere, e sentire, ancora una volta, quel legame indissolubile che ci unisce tutti sotto lo sguardo amorevole della nostra amata Madonna.
Fotografia: fonte sito web Eremo
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