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SPAZIO BARBARO: IL RIFIUTO DEI RIFIUTI

Una riflessione divertente e "amara" sul consumismo

di Nanni Barbaro - 09 luglio 2024 09:25

D’accordo, sui rifiuti non siamo un esempio da seguire nemmeno per le più trascurate (e poche) porcilaie ancora disseminate in qualche frazione dell’entroterra reggino. I porci hanno da tempo preso le distanze dagli esseri umani a suon di carte bollate e pubblici proclami e purtroppo non possono neanche invocare a difesa il loro Dio perché commetterebbero grave blasfemia.

Ma, come dice un famoso proverbio, l’aglio puzza dalla testa. Spiace enormemente dover citare un prezioso ortaggio che vanta, nella sua gloriosa e millenaria esistenza, due caratteristiche, insieme a cipolle, ravanelli, carote e poco altro, che lo distinguono dal resto del mondo vegetale: la prima era che era venduto sfuso e a throffa (in italiano “fascio”. In senso buono) e la seconda che conferisce all’alito un aroma particolare che spesso molti avvocati divorzisti consigliano ai loro clienti per accelerare le pratiche di separazione e l’assegnazione degli alimenti.

Era ed è un ottimo tonificante della pressione arteriosa ma la fa innalzare, assolutamente contro la sua volontà, quando i fiati si avvicinano ai nasi. Purtroppo solo la prima caratteristica è andata perduta perché anche il povero, casto et humele et prezioso aglio è stato costretto a una violenta diaspora dalla throffa ed è finito inumato sottovuoto, dentro vaschette di polistirolo protette da un velo di plastica trasparente. Stessa sorte è toccata persino agli spicchi di mandarino e arancio. Queste ed altre empietà sono state commesse senza che si sia ancora pensato a una nuova Norimberga per questi geni del confezionamento.

Adesso ve ne elenco alcune e voi, man mano che le cito, pensate all’entità e alla geografia delle micro e macro discariche presenti in tutta la città. Per esempio: perché le merendine debbono constare di quattro elementi assemblati di cui solo una va a finire nel nostro stomaco? Involucro di plastica esterno, cartoncino, secondo involucro per ogni singolo pezzo e poi finalmente il pezzo destinato all’uso alimentare. Se le merendine sono plum cake bisogna aggiungere pure la culletta di carta che li accoglie. Un elemento in più che va nella spazzatura, insieme ai primi tre.

Perché la vecchia e cara pasta un tempo si vendeva sfusa e oggi si porta con se una porzione importante di albero amazzonico sotto forma di scatolo di cartoncino e una discreta esca velenosa per i pesci sotto forma di finestrella trasparente per verificare se è spaghetti o broschilla? (pasta corta, per chi non fosse pratico di dialetto). Perché il pane una volta diffondeva fragranza afrodisiaca sia dal fornaio che al supermercato e oggi è imbavagliato dentro un triste sudario trasparente di cellophane che spesso richiede una katana bene affilata per essere violato?

Perché si è a un certo punto ravvisata la necessità di avvolgere dentro il cellophane anche le già robuste lattine e boccette di vetro? Perché il vetro è stato totalmente soppiantato dalla plastica anche la dove non era assolutamente necessario?  Perché quattro rondelle di merda, nel ferramenta, devono essere contenute in un imballo ermetico (solita accoppiata cartoncino-plastica) che ospiterebbe tranquillamene un cd?

Perché umiliare la virile autoreferenzialità di una pinza a pappagallo sprofondandola in un desolante involucro di cellophane? Perché uno spinotto per il mixer, che potrebbe essere venduto a pizzico o preso su con la sàssula, deve essere venduto singolo in una confezione che sembra un acquario in miniatura? Perché farmacisti e tabaccai sentono l’impellente bisogno di affondare una scatolina di compresse o un accendino da 6 grammi dentro una bustina dove entrerebbero comode e fluttuanti sei melanzane?

Perché una bustina di carta 20x15 (lacrima di diversi rami d’albero estirpato a chissà quale bosco innocente) deve per forza contenere venti grammi di affettato o una confezione di pocket coffee? Perché una valigia in aeroporto deve essere fasciata di metri quadri di cellophane equivalenti a due campi da tennis? Perché un libro di 120 pagine spedito da Amazon o chi per lui deve viaggiare in un sarcofago di cartone e cellophane che potrebbe tranquillamente ospitare la mummia di Hammurabi III° vasi canopi compresi?

Perché venti garofani devono essere veicolati dentro scatoli di cartone poco più piccoli di una bara e seppur puliti e intatti non venire poi riutilizzati? (cosa hanno dovuto vedere i miei occhi in diciotto anni di cimitero!!! Senza parlare di tutto il resto: mazzi di fiori avvolti in coriaceo cellophane istoriato che dal fioraio al cestino ha vita infinitamente più breve e molto meno entusiasmante di una gialla farfalla! Microforeste di bacchette di plastica e mini gomitoli di fil di ferro rivestito di plastica per corone, cuscini di copribara con scadenza che evoca il famoso proverbio del pesce e dell’ospite, per ostentare alla umana vanità poveri fiori orrendamente decapitati).

Vi sarete resi conto da soli che potrei andare avanti per ore e ore con questa orripilante lista di sprechi e di follie, che poi generano quella tal quantità di rifiuti che bisognerebbe avere la pazienza e la disciplina mentale dei bonzi o dei monaci amanuensi del medioevo per differenziare con scrupolo. E se noi dovremmo essere bonzi (invece siamo qualcosa che con bonzi fa rima) figuriamoci le ditte di nettezza urbana e le amministrazioni municipali cosa dovrebbero essere!!! E invece siamo in una situazione in cui la popolazione scarica rifiuti a vagonate ogni giorno e l’amministrazione la va a raccogliere con le palette da spiaggia.

Per quanto possiamo ancora andare avanti così? Immagino che lanciare un accorato appello a ciascun che legge (e che poi speriamo diffonda. Tanto più che non siamo neppure cartacei quindi ne noi ne voi avremmo sulla coscienza alberi abbattuti) a fare caso alla quantità ENORME E SCANDALOSA di imballi inutili dentro i quali ci vendono di tutto o raccomandare delle piccole cose tipo RIFIUTARE SACCHETTINI E BUSTINE per oggetti che potremmo tranquillamente depositare in tasca o in borsa o prediligere i prodotti con meno imballi e contenuti in materiale egualmente igienico e biodegradabile, rischi di risultare inutile. 

Ma era mio dovere provarci e l’ho fatto, subito dopo essere tornato dalla farmacia con cinque confezioni di farmaci comodamente giacenti nel borsello e cinque bustine rimaste inutilizzate sotto il bancone, in attesa che arrivino cinque….bonzi e ci mettano dentro uno scatolino di aspirina e uno spazzolino da denti. Dimenticavo proprio lui, lo spazzolino, che oramai non è più un banale oggetto appeso a una bacheca multicolore, col suo bel cappuccetto protettivo copri setole che si chiude a scatto ma è contenuto dentro una patetica scimmiottatura di oggetto d’arte moderna: cupola longilinea saldamente incollata ad una cartacea base di memoria dolorosa di albero strappato alla sua foresta.

Oramai non possiamo più definirci dei semplici “consumatori”. Siamo dei necrofili inconsapevoli che stanno sopravvivendo a spese di un pianeta che è già in agonia avanzata con le sue foreste devastate e i suoi oceani ricoperti di plastica al momento equivalente alla Spagna, ma non ci metterà molto a varcare i Pirenei ed arrivare alle porte di Mosca. 

Poi toccherà a noi: L’agonia

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