Eventi, costume e società

La Festa della Madonna della Consolazione: un Patrimonio di Fede, Storia e Comunità

Ultima parte di una affascinante storia

di Paolo Frascati - 17 settembre 2024 15:40

Con questa terza narrazione, giungiamo all’ultima parte del nostro viaggio nella storia della Festa della Madonna. Dopo aver raccontato dei misteri e della storia del Quadro e della processione occorre, precisare, qui di seguito, che la Festa non è solo questo!

In questi giorni, nonostante gli eventi meteorologici siano stati incerti, non è mai mancato un attimo in cui questa Festa tradizionale non sia stata intesa come un evento collettivo complesso che contiene al proprio interno più momenti rituali distinti.

In antropologia culturale con il termine di rituale si intende ogni atto o insieme di atti, svolti in sequenza, caratterizzati anche dall’uso di forme codificate dalla tradizione, il tutto eseguito secondo norme codificate, che divengono normative per tutti i partecipanti. I riti sono strettamente legati alla religione e alla sfera del sacro, infatti, ogni rito svolge la funzione di rendere tangibile e ripetibile l’esperienza religiosa. Il rito è legato anche alla realtà politico-economica esistente sul territorio di riferimento e non è mai espressione passiva ma, una forza attiva nel mantenimento e creazione dell’identità sociale.

Uno dei principali studiosi del rito è stato Ernesto De Martino, secondo l’antropologo italiano il rito aiuta l’uomo a sopportare una sorta di “crisi della presenza” che esso avverte di fronte alla natura, sentendo minacciata la propria stessa vita. L’obiettivo che ci si pone, praticando il rito, si ritiene raggiungibile grazie all’intervento di “divinità”, cercando in esse la propria identità o quella della collettività a cui l’uomo appartiene. Nei riti vi è anche una simbologia complessa, simile a quella espressa dall’arte, dalla poesia, il cui significato può essere compreso solo grazie ad un’attenta analisi, poiché sono varie le situazioni in cui gli stessi simboli sono espressi.

È in questo senso che da qui in avanti analizzeremo la complessità del rito.

Il rito oggetto di questa narrazione inizia con l’avvio dei settenari e con il pellegrinaggio di tanti fedeli alla Basilica dell’Eremo che accoglie coloro che sentono il desiderio di pregare nelle giornate del sabato (i sei precedenti alla processione) consolidando quel rapporto religioso con la Madonna della Consolazione che si ripete da molti secoli. Ma sono i giorni che immediatamente precedono la processione quelli che necessitano l’analisi del rito.

In tal senso, il primo elemento degno di estremo interesse è rappresentato dal cambio delle Corone che avviene la mattina del venerdì che precede il sabato della processione.

Qui il riferimento rituale è al cerimoniale della sostituzione delle corone "ordinarie" con quelle "straordinarie", benedette e poste sul capo, rispettivamente, di Gesù bambino e della Vergine Maria.

Secondo i più significativi studi antropologici, l’incoronazione legittima il trasferimento di potere e autorità.

Questo rito è preceduto dalla discesa del Quadro mediante la rimozione del portellone per accedere alla manovella preposta alla discesa del sacro Dipinto dalla cornice (Pala). L’emozionante rito inizia con il canto dell’inno "Alma Redemptoris Mater", la recita dell’Ave Maria e l’invocazione "Santa Maria Madre della Consolazione, avvocata del popolo reggino, prega per noi".

Successivamente, con estrema delicatezza, viene passato un purificatoio sulla superficie del venerato Quadro per liberarlo da eventuali sedimenti di polvere. Il momento più toccante è quando si tolgono i fermagli della corona ordinaria posta sul capo del piccolo Gesù e si sostituisce con quella assai più preziosa. Lo stesso avviene per la Vergine. Nel compiere questo gesto, di alto profilo spirituale e umano, è sempre visibile la commozione negli occhi lucidi dei presenti.

Terminato il canto, si ricolloca il Quadro nella "cornice" della Pala, accompagnandolo nella Sua posizione originaria con canti e un osannante applauso delle tante persone presenti nel Santuario.

La notte del venerdì abbiamo assistito al secondo momento rituale oggetto di questo racconto. La Veglia Mariana presso la Basilica dell’Eremo presieduta dall’Arcivescovo.

La Veglia ha dato inizio al pellegrinaggio mariano diocesano al Santuario dell’Eremo aprendo così la notte di preghiere. La compartecipazione dell’ampia folla di persone che, anche quest’anno, è stata presente al Santuario ha generato senza dubbio un fenomeno di forte effervescenza collettiva che ha accompagnato il rito sino alla mattina del sabato della processione.

Questa compartecipazione produce nei fedeli la condizione che Emile Durkheim chiamava effervescenza collettiva, che non è altro che il sentimento di appartenere a un gruppo sociale con una concreta e reale esistenza. E questo è il sentimento che, sempre secondo Durkheim, sta alla base dell’esperienza religiosa, ovvero, un sentimento di indivisibilità di sé dall’altro. La Veglia è il primo momento in cui le forti connessioni che nascono tra fedeli fanno sviluppare un pensiero collettivo, ovvero, “Io” diventa “Noi”, finendo per creare una connessione con l’altro in cui il fedele si sente libero della sua prigione interiore, sviluppando un forte senso di appartenenza.

Ciò che avviene dopo la notte di veglia e preghiera, nella mattina del sabato, è la celebrazione dell’eucaristia presieduta quest’anno dall’arcivescovo emerito di Cosenza-Bisignano, monsignor Salvatore Nunnari preludio alla discesa del Quadro verso la piazza della Consegna.

L’alba del sabato della processione per alcuni cittadini reggini è il primo appuntamento con la Festa, il momento offre la più evidente dimostrazione di quell’effervescenza collettiva che accompagna questo rito in una profonda testimonianza del legame tra la fede e la devozione, da un lato, e la comunità e la sua cultura, dall’altro. È anche in questo senso che, a parere di chi scrive, la Festa della Madonna della Consolazione di Reggio Calabria dovrebbe essere riconosciuta come un bene immateriale “culturale”.

Difatti, anche quest’anno, nelle prime ore della mattina del sabato il Quadro è stato portato giù e posizionato all’interno della Vara che lo accompagna nel suo viaggio processionale verso la Cattedrale di Reggio Calabria con al seguito i tanti fedeli presenti che hanno offerto, nonostante la pioggia, le loro preghiere ed il loro saluto alla Madonna.

Questi sono momenti di grande emozione e tensione, in cui si respira nell’aria la forte devozione dei fedeli. Un unico momento in cui i portatori e la comunità si accingono a dare avvio a quello che è primo momento di un viaggio, la processione, che come abbiamo ampiamente presentato nelle parti precedenti di questo viaggio, rappresenta il rito in cui la città manifesta la propria devozione alla Madonna della Consolazione.

L’emozione avvertita - anche in questi momenti - coinvolge al punto di essere letteralmente immersi nel rito ed interpretandolo come un fenomeno di effervescenza collettiva in cui, con la commistione tra elementi sacro/religiosi si genera tra i presenti un rinnovamento della coesione sociale attraverso la stessa constatazione della capacità di organizzazione della processione.

Questo, tuttavia, richiederebbe una tematizzazione più attenta del tema che riguarda il disincantamento e il re-incantamento, tenendo sullo sfondo le tipizzazioni sociali e l’immaginario collettivo. Una cornice semantica sgombrata dal dominio monopolistico e unitario della figura mariana sembra fornire, tuttavia, un terreno fertile per lo sviluppo di pratiche contemporanee di agglomerazione sociale per re-istituire ciclicamente la comunità, attraverso la dimensione festiva che incorpora caratteristiche della quotidianità globalizzata come ad esempio la frammentarietà delle esperienze e l’ambivalenza delle stesse.

I tanti fedeli che sono partiti con il Quadro dalla Basilica, percorrendo Via Cardinale Portanova, sono giunti nella Piazza della Consegna - in prossimità di Piazza del Popolo - in cui la venerata Effigie viene consegnata dai padri cappuccini (dai portatori) alla città, rappresentata dall’Amministrazione Comunale e alla comunità religiosa reggina, con i referenti della Cattedrale del Duomo di Reggio Calabria (l’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova) che prendono in consegna il Quadro e che lo custodirà fino alla prima domenica dopo la festa della Presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio, giorno in cui il quadro tornerà all’Eremo.

Questo è momento con un importante contenuto storico, difatti, è il luogo che in passato contraddistingueva il confine della città, la porta di ingresso a Reggio Calabria. Difatti, questo è un rito politico religioso risalente al ‘600 che, come abbiamo riferito nel precedente racconto, si lega al rito del cero votivo ed è trascritto in numerosi atti notarili rinvenibili all’Archivio di Stato.

Di notevole impatto è la frase riportata nella targa presente in questa piazza che recita in dialetto quella frase di Errigo:” Cu terremoti, cu guerri e cu paci sta festa si fici sta festa si faci”, ovvero, “Con terremoti, con guerre e con la pace queta festa si è fatta questa festa si farà”.

Dopo la consegna la processione prosegue prima, su Via De Nava e poi, lungo il Corso Garibaldi, la via principale della città, sede delle principali istituzioni politiche e di tante attività commerciali, sino all’arrivo in Cattedrale.

La processione in centro città è il momento di massima partecipazione collettiva, i fedeli giungono da tutti i comuni della provincia, l’evento entra nella sua più rilevante dimensione sociale ed il Quadro, trasportato sulla Vara, compie delle fermate codificate in luoghi di culto, politici e d’interesse storico consentendo anche di far riposare i portatori, stremati dal gravoso peso che ripartono sempre con il grido annunciato dal gridatore: Evviva Maria. Alcune delle fermate principali sono nelle Chiese di San Giuseppe e di San Giorgio al Corso, in cui la Vergine incontra il patrono di Reggio Calabria ed abbracciando simbolicamente tutta la comunità reggina. Altra fermata d’interesse è quella a Piazza Italia in cui risiedono le autorità pubbliche comunali (Comune e Città Metropolitana). Altra fermata legata al rito, ricca di curiosità storica, è quella della Pescheria. Questa è una fermata che si fa poco prima dell’ingresso in Cattedrale e che è la riconoscenza del Quadro ai primi portatori, ovvero, i pescatori.

La percezione che si avverte partecipando al rito della processione offre la meraviglia di come i portatori, mediante la vara e la stanga, siano un cuor solo ed un’anima sola con il Simulacro che trasportano processionalmente. Questo tangibile rapporto spirituale, che esiste tra il portatore e il Quadro, emerge chiarissimo negli sguardi dei portatori stessi, ogni volta che, da sotto la stanga, incontrano i volti dolcissimi e tenerissimi della Vergine Consolatrice e di Gesù Bambino, nonché quelli rassicuranti dei santi Francesco e Antonio. Il legno della stanga, che sostiene la vara, diventa, così, il mezzo di quel rapporto relazionale spirituale, formando, attraverso di esso, un legame forte, una catena.

L’arrivo del Quadro in Cattedrale in Duomo a Reggio Calabria è il momento conclusivo della processione e rappresenta un elevato impatto rituale. L’imponente struttura, sorretta dai portatori passa lentamente tra la folla che, cantando inni sacri e recitando preghiere, accoglie la Vergine al Duomo. I portatori, nell’ultimo tratto prima dell’ingresso in Cattedrale aumentano il loro passo generando la tradizionale volata d’ingresso. La volata è una corsa controllata dei portatori che sorreggono la Vara sino alla porta d’ingresso del Duomo e rappresenta l’entrata trionfale della Madonna dentro la Cattedrale di Reggio Calabria, il luogo in cui la Vergine proteggerà la città ed i suoi cittadini.

Questo è il momento liminale della festa in cui tutti i partecipanti, riuniti in Cattedrale, si sentono uniti dalla fede e dalla condivisione di un rito collettivo. È possibile analizzare questo ingresso con le tre fasi: separazione, liminalità e aggregazione nel rito religioso. Separazione perché la volata è l’atto unico ed emblematico del distacco del Quadro dal suo luogo di origine e dai suoi custodi (la Basilica dell’Eremo e i frati Cappuccini), la liminalità intesa come il momento di sospensione che avviene davanti alla porta d’ingresso del Duomo, in cui il Quadro si ferma per molti minuti – quest’anno sotto una pioggia incessante - per essere pregato da tutti i fedeli che sono giunti dopo un lungo cammino nel luogo in cui la Madonna potrà proteggere loro e la loro città. Infine, l’aggregazione che, non appena il Quadro, fa il suo ingresso in Cattedrale si manifesta in modo dirompente nei fedeli che in fila entrano per pregare.

La conclusione della processione del sabato non è il momento conclusivo della Festa.

In Duomo, nel pomeriggio di sabato sono state celebrate due Messe, una per il pellegrinaggio mariano dell’Unitalsi e nell’altra è stata celebrata l'Eucaristia, presieduta dall'arcivescovo emerito, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini. Sino al martedì seguente la celebrazione di tante altre Messe contribuirà a favorire la preghiera e la meditazione spirituale.

Al Duomo, la mattina di martedì 17 settembre 2024 si svolgerà la tradizionale offerta del Cero Votivo da parte della Civica amministrazione e la liturgia pontificale presieduta dall’arcivescovo Fortunato Morrone. Il martedì, difatti, è il giorno della solennità della Madonna della Consolazione. Giorno in cui la città di Reggio Calabria, ormai da secoli, si ferma per venerare l’avvocata, protettrice e Patrona.

Questo momento ha origini assai antiche e nasce nel 1652 quando Reggio, rimasta illesa tra molti centri del regno infetti dalla peste, ha istituito ufficialmente la promessa del Cero Votivo. Il Senato reggino in quella data stabilì, tra l’altro, che ogni anno e per tutte le generazioni future, l’amministrazione della città di Reggio avrebbe offerto al santuario della Vergine Madre della Consolazione un grosso cero per ringraziamento, in occasione della festa. Tale promessa solenne, trascritta su un marmo nel palazzo comunale, fu ed è mantenuta nei secoli.

Nel tardo pomeriggio di martedì inizierà la consueta processione della Madonna della Consolazione per le vie del centro cittadino - sino all’estremità delimitata dal Torrente Calopinace - ed in serata la venerata effigie farà ritorno in Cattedrale dove resterà fino al 24 novembre.

Questo rito è il momento in cui l’autorità politica ringrazia la Madonna e la conduce sino all’estremità della città per proteggere tutta la comunità. Emblematico è l’arrivo al limite del centro città ed il saluto che il Quadro, la Vara ed i portatori fanno anche alla popolazione fuori dal centro città.

Se durante la processione i cuori e le anime sono concentrate sul rito religioso - anche se ultimamente in alcuni casi esso risulta plasmato alla contemporaneità - è durante la sera che fuoriesce quel fenomeno di effervescenza collettiva tutto post-moderno.

Un fenomeno costituito da concerti musicali, dal commercio contemporaneo e de-sacralizzato delle bancarelle (negozi di souvenir), delle frittole (carne di maiale bollita nello strutto) del sabato dopo la processione, del panino con la salsiccia delle sere di festa, della calia, dei mostaccioli e delle nzudde al miele, della musica folcloristica suonata con gli strumenti tipici e ballata “la tarantella a Piazza Duomo” con cui, in passato, uomini e donne trovavano le uniche occasioni di incontro e potevano avere luogo i primi incontri che li avrebbero condotti ad una vita insieme.

Momenti che rappresentano ed identificano forme non religiose in grado di supportare l’auto-affermazione dell’esistenza della comunità. Questi rituali laici hanno origini storiche differenti a dimostrazione dello stretto legame tra il culto religioso e gli aspetti laici che possiedono una grande radicazione della festa nella popolazione di Reggio Calabria.

L’ultima riflessione di questo viaggio, non certamente per importanza, deve essere riservata alla figura del portatore che, con il suo fazzoletto amaranto (il colore della città e anch’esso legato alla sconfitta della peste nelle famiglie colpite dalla peste), ha stregato la curiosità dei molti turisti che hanno visto in esso il simbolo della perseveranza e della resilienza. La pioggia di quest’anno, il caldo delle processioni precedenti non hanno mai fatto venire meno la necessità della presenza di questo simbolo indossato con orgoglio attorno al collo. In questa figura ed in quell’oggetto, sempre presente in tutte le fasi del rito, si raffigurano la devozione dei portatori ed il sacrificio che tutta la comunità reggina offre alla Vergine.

Anche quest’anno la Madonna della Consolazione ha dimostrato di rientrare nella tipologia relativa alle consuetudini sociali ed eventi rituali e festivi. È una festa della tradizione della cultura mediterranea che si caratterizza per una serie complessa di rituali che sono messi in atto dall’ampia comunità̀ della città metropolitana di Reggio Calabria. Inoltre, la fede e la tradizione che lega i reggini alla Madonna della Consolazione a partire dalla data fatidica del 1547, anno in cui venne dipinta la preziosa Tela, l’insieme delle manifestazioni religiose, artistiche e culturali, la produzione letteraria e musicale collegate attraverso i secoli, fanno di tale evento, espressione della tradizione di un popolo, un prodotto ben degno d’essere considerato patrimonio culturale immateriale dell’Umanità e come tale da preservare per le future generazioni.

Questo viaggio è giunto al termine e ci si augura che esso possa favorire ulteriormente il percorso di affermazione della Madonna della Consolazione di Reggio Calabria quale patrimonio immateriale dell’Unesco, come di recente è avvenuto ad altre feste che, per tipologia o per vicinanza geografica (ad es. la Varia di Palmi (RC) – Patrimonio Culturale UNESCO, la Madonna della Lettera di Messina, etc.) sono ad essa assimilabili, ciascuna con le proprie specificità.

Ora e sempre, viva Maria!