Mirella Giuffrè, presidente Agedo Reggio Calabria INTERVISTA
"Occorre educare a una cultura della non discriminazione, per costruire una comunità che metta al bando ogni forma di prevaricazione radicata nel rifiuto delle differenze"
di Santa Spanò - 02 febbraio 2024 09:02
REGGIO CALABRIA - Il 21 gennaio l’assemblea di Agedo Nazionale (Associazione di genitori parenti e amici di persone Lgbt+, persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender) ha votato per il rinnovo delle cariche sociali di presidente, consiglio direttivo e collegio dei garanti, eletta presidente di Agedo Nazionale Donatella Siringo, di Agedo Genova. A testimoniare il costante impegno, la competenza e il lavoro di Agedo Reggio Calabria doppia presenza calabrese nel direttivo nazionale, con l'elezione di Mirella Giuffrè, presidente Agedo Reggio Calabria, nel Consiglio Direttivo nazionale Agedo e l'avvocata Silvia Martino, nel Collegio dei Garanti. In occasione della nomina ho intervistato la presidente Agedo Reggio Calabria Mirella Giuffrè per riflettere proprio sull’importanza di Agedo.
Inizio con una citazione, una frase di Maya Angelou: È tempo che i genitori insegnino presto ai giovani che nella diversità c'è bellezza e c'è forza; Cos'è Agedo e cosa potrebbe insegnare?
- A.GE.D.O. è l’Associazione di Genitori, parenti, amiche e amici di persone LGBT+ che offre sostegno e confronto a tutti quei genitori e alle famiglie che dopo il coming out di una figlia o di un figlio vivono con disagio, paura e incertezza questo momento. La famiglia Agedo più che insegnare, chiede, chiediamo alla politica di occuparsi del Paese reale, dei suoi problemi, della vita delle persone, della loro felicità, della loro sicurezza, della libertà di espressione per tutte e tutti. Occorre educare a una cultura della non discriminazione, per costruire una comunità che metta al bando ogni forma di prevaricazione radicata nel rifiuto delle differenze; è il pensiero che il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso nella giornata internazionale contro l’omolesbobitransfobia. L’unica cosa che desideriamo e reclamiamo a gran voce è il rispetto e la libertà di ognuno ad essere semplicemente se stessi. La paura della diversità scompare nel momento in cui l’essere umano realizza che l’unicità è una forza creativa, ciò che ognuno potrebbe cercare di fare in famiglia, tra gli amici, nel quotidiano, è depotenziare la paura della diversità: mostrando che le differenze possono essere una risorsa.
Qual è l'impatto di Agedo sul territorio?
- Con le sue 36 sedi sparse su tutto il territorio nazionale, interviene nel sociale per ridurre e abbattere stereotipi, pregiudizi e paure relativi all’orientamento sessuale e alla varianza di genere, con l’obiettivo di educare al rispetto delle persone LGBT+. Offre ascolto e accoglienza alle famiglie; sviluppa progetti di informazione e sensibilizzazione rivolti alla scuola, al mondo del lavoro, alle istituzioni e alla cittadinanza; promuove una cultura della relazione e della valorizzazione delle differenze. Nella nostra associazione chiunque può riconoscersi, noi sosteniamo le nostre figlie e i nostri figli, le famiglie, ma promuoviamo azioni per dare a tuttə l'accesso a diritti non ancora riconosciuti e chiediamo che sia garantito per loro il diritto alla felicità oggi e in futuro, il diritto a progettare la loro vita come fa qualunque giovane. Il nostro attivismo dà voce a ragazze e ragazzi vittime di bullismo omotransfobico a scuola e in altri contesti di aggregazione, vittime di derisioni, esclusioni, aggressioni, che hanno lo stigma sociale della “diversità” che spesso li obbliga alla vergogna. L’omofobia non è un pensiero, un'opinione o un'idea, ma qualcosa che depreda, svilisce, umilia e, in alcuni casi, annienta la vita di milioni di persone e delle loro famiglie ogni giorno e credere che questo non sia vero è già di per sé indice di omofobia. Parliamo di rispetto, amore, di famiglie, di differenze, di identità di genere 365 giorni all'anno, con adulti e ragazzi, in qualsiasi spazio della nostra vita non facendo mai cadere nel silenzio una battuta, uno sguardo, un gesto od un pensiero omofobo.
Dal 1993, anno di nascita di Agedo, sono trascorsi 31 anni. Cosa è cambiato, se qualcosa è davvero cambiata, e c’è ancora bisogno di Agedo nel 2024?
AGEDO è stata fondata nel 1993 da Paola Dall’Orto per dare ascolto, sostegno e informazioni a genitori che come lei erano venuti a conoscenza dell’omosessualità della propria figlia o del proprio figlio e creare così una rete di supporto e confronto per le famiglie in crisi. Erano un piccolo gruppo di pioniere e pionieri che rivendicava la normalità per i propri figli e le proprie famiglie, caratterizzandosi come una sorta di telefono amico a cui le famiglie in crisi dopo il coming out dei figli potevano rivolgersi per condividere la propria esperienza e per avere strumenti per capire e superare pregiudizi e paure. Con il passare degli anni si resero conto che non era sufficiente l’incontro con i ragazzi e le loro famiglie per produrre un cambiamento nella società, ma occorreva anche un confronto con le istituzioni e quindi si rivolsero ai Ministeri dell’Istruzione, delle Pari Opportunità, degli Affari Sociali, persino degli Interni e iniziarono ad approcciarsi al mondo della cultura con conferenze, convegni, pubblicazioni.
Nel 2000 AGEDO si internazionalizza e partecipa alla nascita di EUROFLAG, associazione europea di genitori di omosessuali che coinvolge quelle esistenti in Italia, Spagna, Francia, Belgio, Germania e Gran Bretagna. Gli anni più recenti stanno vedendo all’opera una generazione più giovane che si sta confrontando con sfide rinnovate. Le tematiche LGBT+ sono presenti in modo continuativo nel dibattito pubblico, ma ostilità, preconcetti, stigma e bullismo non sono stati ancora rimossi. Pensiamo a quello che avviene nella scuola dove dobbiamo confrontarci con l’accusa di essere i diffusori di una fantomatica “Teoria del gender”. Noi non demordiamo e dopo molti sforzi siamo riusciti ad essere ammessi nel FoNAGS (Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola), luogo d’incontro tra il Ministero, l’amministrazione e l’associazionismo costituito al fine di valorizzare la componente dei genitori nelle scuole e di assicurare una sede stabile di consultazione delle famiglie sulle problematiche scolastiche. Il FoNAGS è un organo solo consultivo, ma ci permette un confronto diretto con il governo e di tentare di arginare una visione non laica della istituzione scolastica.
La scuola è sicuramente il punto su cui maggiormente si sta concentrando la nostra attenzione con la proposta della istituzione dell’insegnamento della educazione alla affettività e alla sessualità curricolare per tutti. Siamo membri del Tavolo di consultazione permanente per la promozione dei diritti e la tutela delle persone LGBT costituito presso l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali). Procediamo cercando insieme a molti altri di riproporre costantemente la tematica dei diritti che se non sono per tutti, rischiano di configurarsi come privilegi. Il nostro obiettivo reale è quello di scioglierci quando la nostra presenza sarà superflua, ma questa condizione, pur essendo passati 31 anni, non è per ora all’orizzonte.
Papa Francesco, nel puro spirito cristiano di accoglienza e comprensione, si è sempre espresso per una maggiore apertura della chiesa all’omosessualità. L’attacco di conservatori e ultraconservatori non è mancato, ho pensato ad un film del 2018 “Boy Erased - Vite cancellate”, basato sulla storia vera di Garrard Conley, raccontata nel suo libro di memorie uscito anche in Italia con lo stesso titolo: Boy Erased - Vite cancellate. Un film che ci porta dentro l’aberrante pratica delle terapie di conversione o riparative, l’omosessualità è peccato e malattia, una “scelta” che può essere curata. Senza spostarci in America, la vicina Svizzera ammette tali terapie, vietate in molti paesi perché fortemente smentite dalla scienza e soprattutto per i metodi applicati che rasentano la tortura, pratiche spaventose che vanno dagli esorcismi, all’isolamento, all’elettroshock, fino anche alla violenza fisica, senza dimenticare l’uso di psicofarmaci. Siamo davvero ancora a questo punto?
L’ultima comunicazione del Papa sull’apertura alle benedizioni per le coppie gay potrebbe essere una premessa di un autentico cambiamento, ma la dichiarazione del dicastero della Dottrina della fede Fiducia supplicans che rende lecita la benedizione delle coppie irregolari e in particolare di quelle omosessuali ha sollevato feroci reazioni contrapposte. I conservatori custodi della tradizione gridano alla blasfemia, al tradimento e promettono il boicottaggio, i progressisti esultano, convinti che questo sia un passaggio importante in direzione di un cambio di atteggiamento della chiesa nei confronti dell’omosessualità. Ma nel documento viene ben ribadita l’inferiorità di queste benedizioni rispetto a quelle eterosessuali: le coppie “irregolari” non possono essere benedette contestualmente a un rito di unione civile e nemmeno, si legge nella dichiarazione, «con gli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio». Niente abiti da sposi e niente riso all’uscita dalla chiesa, nessuna telecamera e niente bacio alla sposa o allo sposo. Le benedizioni non devono essere programmate e avvenire quasi per caso, insomma, tutto in una benedizione deve riaffermare la diversità dal matrimonio e il fatto che coloro che la richiedono vivono in una “situazione moralmente inaccettabile”.
A parer mio è inaccettabile che ancora nel 2024 alcuni considerino l’omosessualità una scelta o peggio ancora una malattia. Nel mondo scientifico e accademico è da anni riconosciuta l’infondatezza e la dannosità delle cosiddette terapie riparative, eppure nel dibattito pubblico questi approcci trovano ancora spazio e sostegno. Queste teorie sono sostenute soprattutto da gruppi politico-religiosi piuttosto estremisti e partono da presupposti ideologici che riducono l’omosessualità a comportamenti peccaminosi e immorali, conseguenti a un presunto fallimento nel processo di identificazione di genere. Purtroppo ancora oggi nel 2024, anche se più raramente, alcuni genitori dopo il coming out della propria figlia o figlio reagiscono alla notizia inattesa con paura, vergogna e angoscia, spesso per ignoranza sulla tematica e pensando che il loro figlio sia affetto da malattia o comunque “sbagliato” lo accompagnano da professionisti (psicologi o medici) per farlo guarire. Il problema subentra se si approcciano con pseudo professionisti che avvallano queste cosiddette terapie riparative.
Cosa si sentirebbe di dire ai genitori di una persona Lgbt+ , anzi cosa si sente di dire a chiunque: genitore e non, etero, cisgender e lgbtqia+ ?
È importante che capiscano il doloroso processo che la propria figlia o figlio ha percorso e quanto sia stato difficile tenere nascosto questo segreto finché si è dichiarata. Il loro desiderio è che mamma o papà non smettano di amarlo. È di vitale importanza che i genitori lo rassicurino, che non lo rinneghino , né lo manderanno fuori da casa, né smetteranno di parlargli, perché una figlia o un figlio devono essere molto più importanti per il genitore, di tutte le tue possibile paure o pregiudizi. Ha bisogno di tutto il sostegno della famiglia in questo momento di fragilità e di sentirsi circondato, abbracciato e protetto dall’amore. Quello che in realtà succede è che si scopre una cosa molto importante: la rivelazione di chi sia in realtà. Questa può essere un’esperienza costruttiva o distruttiva per un genitore, dipende da noi. Come genitore, passata per questa stessa esperienza, ti posso assicurare che percorrere questo processo con amore e comprensione vale la pena, non soltanto per le nostre figlie e i nostri figli, ma anche per noi stessi: saremo persone più ricche e soprattutto non perderemo quanto di più prezioso esista per un genitore: l’amore incondizionato per i propri figli.