Un’altra sconfitta, un altro pugno nello stomaco. Una città e tifosi che un tempo affollavano gli spalti sognando  un giorno di riscatto, almeno nello sport, si svegliano cupi e con l’amaro in bocca. Un città che é in bassa classifica  anche tra i dilettanti ben inquadra anche la carenza di imprenditori all'altezza di guidare e rivitalizzare l'economia e lo spirito cittadino. 

Ancora una volta. La Reggina perde in casa, questa volta contro l’Igea Virtus, e questa non è più una notizia: è una condanna che si ripete, domenica dopo domenica, con la precisione di un rituale stanco.

Lo 0-1 è la fotografia perfetta del disastro: una squadra lenta, spenta, prevedibile. Un gol regalato con un errore da campetto e la solita rassegnazione negli occhi stanchi dei giocatori. La Igea ringrazia, colpisce e se ne va, lasciando il “Granillo” sommerso dai fischi.

La classifica è impietosa: Reggina già a -10 dalla vetta, più vicina al baratro che alla speranza. L’obiettivo promozione è un miraggio, i playoff una parola  grossa. E mentre il campo parla, la curva si vergogna. Un silenzio imbarazzante, un dolore che soffoca i tifosi con messaggio semplice, diretto, che non lascia spazio alle interpretazioni. È' Finita! 

Questa Reggina non ha un’identità, non ha un’anima, non ha un’idea di gioco. Cambiano gli interpreti, ma lo spettacolo resta lo stesso: un calcio svogliato, senza ritmo, senza orgoglio. Sembra quasi che qualcuno abbia spento la luce e sottratto le energie evidenziando una gestione della squadra priva di risorse tecniche ed economiche. 

E allora sì, diciamolo chiaro: campionato finito, almeno per chi sognava una rinascita. Restano mesi di illusioni da gestire, di scuse da ascoltare, di partite da sopportare. Intanto, la città si allontana, delusa e stanca.

La Reggina è diventata una parola che pesa e che rattrista. E ogni domenica, purtroppo, la leggenda si sgretola un po’ di più.