Politica

Il grande rimpasto reggino: compromessi, equilibri e un nuovo capitano

Il PD sceglie il compromesso per non far crollare il palazzo.

di Francesco Nicolò - 06 dicembre 2025 18:34

A Reggio Calabria la politica non si fa solo nelle stanze di Palazzo San Giorgio, ma anche – anzi soprattutto – negli interstizi delle scale, dove tutti cercano di non rotolare giù insieme. E questa volta, per evitare l’effetto domino, si è scelta la via più antica e nobile della storia politica italiana: l’arte del compromesso, parola oggi malvista come una zanzara in sala operatoria, ma che alla fine è quella che salva la pelle a tutti.

La sostituzione del vicesindaco Paolo Brunetti non è stata un fulmine a ciel sereno: semmai un lampo previsto dal meteo politico già da settimane.

Il PD, si sa, è un partito dalle lunghe tradizioni e dalle memorie ancora più lunghe: e digerire che Brunetti, eletto con Italia Viva, potesse continuare serenamente il suo esercizio amministrativo, beh… era un boccone troppo amaro.

Anche il suo “trasloco” nel PD, avvenuto solo a novembre, non è bastato: quando si cambia casacca all’ultimo minuto, il sospetto resta che il biglietto d’ingresso sia ancora caldo di stampa.

La reazione di Falcomatà  dopo la partita elettorale dura un mese. Un mese di tagli nomine e dimissioni. Per un  effetto ottico più che politico, ma d’altronde l’equilibrio è spesso questione di prospettiva, per una maggioranza che non può litigare (anche se vorrebbe). 

In tutto questo, l’insurrezione dei gruppi di maggioranza? 

Annunciata, evocata, immaginata… ma di fatto impossibile.

Perché?

Perché nessuno, né a livello comunale né regionale, ha i numeri per poter permettersi il lusso dello scioglimento. È la classica coalizione che, pur avendo metà della voglia di stare insieme, ha zero possibilità di separarsi.

Un matrimonio politico che, se finisse male, farebbe crollare la casa su tutti.

E allora… serviva un nome: Mimmetto Battaglia

La soluzione? Dare dignità al partito e ricucire l'elettorato e recuperare consenso.

E chi meglio dell’uomo storicamente navigato, il veterano di mille campagne, il sempreverde Mimmetto Battaglia?

Sarà lui, ora, a indossare la fascia di sindaco. E diventare il nuovo uomo da battere al prossimo round elettorale?.

Una scelta strategica ma con criticità non trascurabili: Battaglia è uno che conosce bene il territorio, i numeri, le dinamiche, gli amici e pure i nemici.

E soprattutto, avrà tempo, e probabilmente anche una squadra,  per costruire un percorso che definire “in salita” è un raffinato eufemismo.

Amici veri? Quelli che si mettono da parte: Gli assessori e gli amici della casa, questa volta, hanno dimostrato di sapere quando farsi da parte.

Un piccolo sacrificio per la grande ragion di Stato, alias: “meglio un cambio programmato che una catastrofe improvvisa”.

La politica, in fondo, è fatta anche di questo: riconoscere quando è il momento di uscire di scena con un sorriso e non con un verbale di dimissioni strappato.

Sì, era tutto prevedibile. Forse.

Perché in questa città nessuno vuole davvero finire giù dalle scale per rimanere allettato.

La politica degli accordi, dei tavoli lunghi, delle riunioni infinite e del compromesso (quello vero, quello che funziona), alla fine ha fatto ciò che doveva fare: ha evitato il peggio.

Ed è così che Brunetti esce, Battaglia entra, la maggioranza respira e il PD – finalmente – ritrova una postura più dignitosa. 

Per ora.