Attualità

SPAZIO BARBARO - Di banchetti e d'altre calamità

Un divertentissimo viaggio tra matrimoni, battesimi varie ed eventuali

di Nanni Barbaro - 06 giugno 2024 06:54

Fatemi capire: veramente finora avete creduto che le grandi calamità sociali reggine fossero la spazzatura, le buche nelle strade, i lidi comunali che sembrano ruderi della prima era ellenica, le periferie che sembrano ancora fresche di sbarco degli alleati nel 43 ecc.ecc? Ma quando mai! Probabilmente non lo sono nemmeno quelle naturali, la più incresciosa delle quali speriamo non si palesi nemmeno per far dispetto a Salvini, che si vedrebbe venir giù un ponte con un 7,5 Richter mentre lui lo aveva progettato per un max di 7,1. Il terremoto non è come la mortadella affettata dal droghiere, che se vengono trenta grammi in più quello ti dice: “che faccio, lascio?” Il terremoto è precisissimo e non lascia niente, se vuole.

No, dico: non vi è nemmeno lontanamente passato per la testa che una delle calamità più minacciose e dilaganti siano i pranzi e le cene in trattoria, soprattutto in occasione di matrimoni, comunioni, cresime, lauree, diciott’anni, fidanzamenti ed altri assai usuranti cazzi e mazzi purchè ci sia una scusa per abbuffarsi? Parto da lontano: ma voi ve li ricordate i commoventi pranzi di un tempo che cominciavano con l’umile e tenero antipasto con prosciutto e melone? Poi seguiva la altrettanto umile pasta, poi ancora una sfiziosa impennata di secondo piatto, carne o pesce, con qualche azzardato condimento non molto fantasioso ma di sicura efficacia? E poi via col pezzo duro. Astenetevi dalle facili ironie: era - da qualche parte ancora è - il gelato a trancio servito su un piattino di metallo sul quale, nonostante (o forse proprio a causa) del foglio simil carta forno sul quale era adagiato, slittava che era una meraviglia e mangiarlo tutto senza farselo scivolare sui pantaloni era considerata una prova di grande abilità che oggi potrebbe essere considerata disciplina olimpica.

Finale con torta e spumante abbastanza dozzinale e a seguire la frenetica cerimonia di congedo con bomboniere, pastetti, le uniche bustarelle non soggette a sanzioni fiscali, baci, auguri e tutti in macchina a ruttare come orsi. Oggi noooo! Oggi arrivi li, ti siedi, il tavolo si presente sotto la forma della maggior innocenza possibile: i piatti, sei o sette posate disposte a difesa del suddetto, qualche bottiglia di minerale, (in vetro, vivaddio! Anche se il tappo opporrà fiera resistenza prima di cedere e sbragarsi ai bordi) due bicchieri (un calicione per i non astemi, uno a cilindro, basso e largo, per gli astemi e i bambini), un tovagliolone elegantemente ripiegato che quando lo dispieghi potrebbe tranquillamente far da copriletto per la culla di un bambino, due o tre cestini con il pane già affettato (che sparisce tre minuti dopo l’arrivo dei commensali. Certe volte pure il cestino stesso, se è di un certo pregio). 

Qualche bouquet di fiori, che non se li fila nessuno fino a fine pranzo, quando qualcuna delle signore presenti li prende molto in considerazione nel senso che li prende proprio e ssi leva. E basta. Tutto sommato uno spettacolo elegante, raffinato, ma sobrio, essenziale: la turba affamata, che oramai ha occupato tutte le sedie, dissolto le fette di pane e dimezzato la dotazione di minerale, non vedendo alcun movimento giungere dalle retrovie culinarie, comincia a scambiarsi qualche sguardo preoccupato. Niente paura: arriva il maitre, sorridente, con rapido e leggero passo di danza, conferisce brevemente con l’ospite ufficiale (quello che paga tutto, vah) e poi torna in cucina a dare disposizioni.

Due minuti al massimo e tre o quattro camerieri avanzano con passo marziale e con due enormi vassoi in mano. Dentro ci sono gli antipasti!! Appunto: la calamità sociale di cui accennavo all’inizio. Ormai, ovunque vai, chiunque tu sia e qualunque patologia, allergia o usanza estera tu possegga, agli antipasti riggitani non ti puoi sottrarre e soprattutto, purtroppo, per quanto possa impegnarti, persino ricorrendo al velato duello all’arma bianca, non riuscirai MAI ad assaggiarli tutti perché i nostri antipasti sono limitati nel numero ma non nella varietà: dentro il vassoione di centro tavola ci saranno perlomeno trenta prototipi diversi di invenzioni culinarie, ma non potranno mai bastare per tutti per cui, se non sei troppo rapido o patisci di eccesso di galanteria, ti vedrai sparire in un baleno la caciottina che adori, la frittellina di hiurilli che non mangiavi più da quando t’era morta la nonna, la polpettina di melanzana, il polipetto che sembra ancora vivo, la cozza ripiena, la crocchetta di zucchina, la mini soupe di granchio, l’assaggino di parmigiana. 

Hai voglia poi a chiedere soccorso al cameriere: ti risponderà che per la prossima caciottina bisognerà stare ai tempi fisiologici della mungitura della capra, che non vive dietro il ristorante ma in un paesino dell’entroterra a trenta chilometri da esso. Ma non crediate che la cosa finisca lì! E no! Attorno a un grande pianeta, insegna l’astronomia, esiste un grandissimo numero di satelliti e quando il vassoione centrale sarà stato raso al suolo (si salveranno a si e no tre foglie di lattughina) arriveranno altri vassoioni ricolmi di ciotoline con dentro ciascuna di esse un delizioso contenuto equivalente a circa due cucchiaini e mezzo da caffè che dovrete essere rapidissimi a conquistare e svuotare, anche succhiandoli se non avete a disposizione il cucchiaino e anche li rinunciando con la morte nel cuore a molte delle prelibatezze che avreste voluto gustare pure a costo di toglierle di bocca ai figli.

Anzi, i figli sono i veri privilegiati in questo bailamme divoratorio in quanto chi avrebbe mai l’animo di negare qualcosa a un infante, reclamato con la voce rotta dall’emozione dalla di lui madre? E così, l’infante divorerà di malavoglia, senza mai distogliere gli occhi dal cellulare, quella ricottina per la quale avreste persino firmato qualche cambiale .

Ad ogni modo, vassoioni e lor satelliti riusciranno a soddisfare l’appetito di tutti e pure la dotazione di vino diventerà presto un mesto spettacolo di bottiglie vuote. Tutta l’operazione sarà durata mezz’ora circa e quello che è stato consumato equivale a circa un trentesimo del fabbisogno calorico di un paese centro africano e tutti si dispongono lietamente all’arrivo del dolce, del caffè e del digestivo quand’ecco che spunta il maitre ballerino e con aria candida declama: “Allora, signori possiamo servire la pasta?”

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