Occhiuto e l’illusione del coraggio: la presunzione travestita da gesto democratico
Corruzione e reputazione: l’arte della prevenzione
di Elisabetta Marcianò - 01 agosto 2025 10:49
Catanzaro – “Mi dimetto, ma mi ricandido”. Con queste parole, il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, ha tentato di costruire attorno a sé l’immagine del leader responsabile, disposto a mettersi da parte per sbloccare la paralisi amministrativa e riaffidarsi al giudizio dei cittadini. Ma al netto del videomessaggio curato e della narrazione da ‘martire civile’, ciò che emerge è tutt’altro: non un atto di coraggio, bensì un’operazione chirurgicamente calcolata. Un gesto mosso da presunzione politica, non da senso istituzionale.
Un mandato personale per sfuggire al giudizio collettivo
L’obiettivo è chiaro: trasformare il voto regionale in un plebiscito personale, tentando di mettere all’angolo non solo l’opposizione, ma anche gli alleati della coalizione di centrodestra, in primis Fratelli d’Italia, che oggi ha più voti di Forza Italia ma non guida la Regione. Occhiuto tenta un colpo di mano, anticipando le elezioni e mettendosi al centro della scena come unico salvatore della Calabria. Ma non è un leader che rinuncia al potere: è un politico che lo ricalibra a suo favore, disinnescando possibili attacchi interni e rafforzando la propria egemonia territoriale.
Corruzione e reputazione: l’arte della prevenzione
L’indagine per corruzione, condotta dalla Procura di Catanzaro, è il vero detonatore di questa manovra. Lungi dal voler “chiarire tutto”, come lui afferma, Occhiuto decide di spegnere l’interruttore dell’attività regionale per resettare il tavolo politico, neutralizzando le critiche e riposizionandosi come vittima di una macchina giudiziaria ostruzionista. È una strategia classica in Italia: auto-vittimizzazione preventiva, condita da appelli alla trasparenza e al popolo.
Ma chi è davvero trasparente non ha bisogno di interrompere un mandato. Chi è davvero sereno davanti alla giustizia, non fugge ma governa. Soprattutto in una regione fragile come la Calabria, dove i vuoti amministrativi si traducono in assenza di servizi, strutture sanitarie, e sviluppo.
La crisi non è la firma: è il fallimento di una visione
Occhiuto parla di paralisi burocratica di 'politici che non vogliono il bene della Calabria." Ma questa crisi non nasce da un avviso di garanzia. È il prodotto di quasi 4 anni di gestione centralizzata, personalistica e poco partecipativa. Quando tutto dipende da un solo uomo, basta che quell’uomo vacilli perché la macchina si fermi. È questo il vero fallimento: aver costruito un sistema dove la fiducia è verticale e non diffusa, dove ogni ostacolo si affronta con lo show, non con il dialogo.
La Calabria non è un feudo
La decisione di rimettere il mandato nelle mani degli elettori non è una concessione democratica: è una scommessa sull’inerzia collettiva. Occhiuto punta sulla stanchezza dei calabresi, sulla convinzione che “meglio lui che il nulla”, sulla sfiducia cronica nelle alternative. Ma la Calabria non è un feudo, e i cittadini non sono spettatori passivi. Se davvero vuole il giudizio popolare, dovrà accettare anche la possibilità che sia un giudizio negativo. E che stavolta, al posto dell’applauso, possa arrivare il fischio.
Un futuro che non si costruisce sulla paura
Nel suo videomessaggio, Occhiuto afferma “Non mi farò fermare”. Il punto, però, non è se lui debba essere fermato, ma se la Calabria debba finalmente ripartire senza certi 'show' affidati ormai ai social e non più alle conferenze stampa in cui i giornalisti possono fare anche domande scomode e accendere il vero dibattito democratico. Il video social lancia il messaggio di una 'verità' unilaterale, acchiappa like e applausi senza un vero confronto, un monologo senza contraddittorio. Le dimissioni, in questo caso e con queste modalità non sono un atto di coraggio: sono il segnale di una politica che, temendo il futuro, preferisce ricominciare daccapo sempre dallo stesso nome. Il vero futuro, di questa regione, non nasce dalla paura né dall’autoconservazione. Nasce da scelte nuove, e dal coraggio — quello vero — di fare un passo indietro quando il tempo lo richiede.