Museo del Mediterraneo, una cattedrale nel deserto
Arch Pino Falduto imprenditore e già assessore comunale, invita ad un'ampia riflessione .
di Francesco Nicolò - 23 febbraio 2025 15:16
Dalla sua pagina FB l'arch Pino Falduto commenta a distanza l'inaugurazione della "posa della prima pietra" per la realizzazione dell'agognato Museo del Mare, opera progettata nel 2015 che probabilmente verrà avviata la preparazione delle aree, ma come già dichiarato dall'impresa non c'è certezza della data di ultimazione.
Pino Falduto, noto imprenditore della città, con incarico di assessore nel 1993 nella giunta Italo Falcomatà, da anni si occupa di trasformazione del territorio attraverso esercizi di progettazione integrata come il progetto "Mediterranean Life", riposizionamento dell'aereo stazione "Tito Minniti" verso mare ed accesso intermodale mare e ferrovia.
Il suo non appare uno sfogo ma una lucida analisi di programmazione del territorio.
"Non voglio fare polemica né criticare un'opera pensata per contribuire allo sviluppo della nostra città. Tuttavia, non posso ignorare l’enfasi eccessiva posta sull’avvio di un cantiere che, se realizzato senza una visione chiara di crescita per la nautica e il turismo, rischia di avere un impatto limitato.
La vera sfida non è posare la "prima pietra", ma costruire un futuro sostenibile. Eppure, a Reggio Calabria tutto sembra ridursi a celebrazioni e parate. Il tempo passa, ma nessuno guarda davvero al mare. Quante barche attraversano le nostre acque da settembre a maggio? Quante d’estate? Quante potrebbero scegliere di svernare a Reggio Calabria? E soprattutto: quanti posti barca e quanti alberghi affacciati sul mare abbiamo?
Chi ha amministrato questa città si è mai posto queste domande? Il rischio è che, una volta completata quest’opera, ci ritroveremo ancora al punto di partenza. Ma forse mi preoccupo troppo. A Reggio, l’immobilismo sembra essere una condizione accettata, quasi voluta. Paradossalmente, una moderna officina per la riparazione delle imbarcazioni attirerebbe più persone di un "museo inventato".
L’amministrazione ha perso l’opportunità di sfruttare il Piano Strutturale Comunale per progettare un vero sviluppo della città. Il PSC approvato, infatti, non prevede questa opera tanto decantata come "epocale", ma impone anzi un vincolo di inedificabilità totale proprio nell’area dove oggi si posa la "prima pietra". In altre parole, secondo il PSC, quell’opera è abusiva.
Nel frattempo, la nostra costa resta destinata a uso industriale, senza alcuna previsione di riqualificazione. L’abusivismo di necessità ha già compromesso il paesaggio e la bellezza di Reggio Calabria, e questa "prima pietra" rischia di complicare ulteriormente la situazione, creando difficoltà per l’unico cantiere nautico della città.
Mi auguro che, con il tempo, si trovi una soluzione. Nel mio piccolo, cerco di fare la mia parte, non solo come imprenditore, ma anche come cittadino con un’esperienza amministrativa e umana che mi impone di non restare in silenzio.
Nel contesto attuale e con le previsioni del PSC, il Museo del Mare genererà solo lavoro temporaneo per l’impresa che lo costruirà. A lungo termine, invece, potrebbe trasformarsi in un peso per il bilancio comunale, con la necessità di trovare 10 milioni di euro per la sua manutenzione. Il suo impatto sull’economia e sull’attrattività di Reggio Calabria sarà minimo. Basterebbe guardare i numeri del Museo Nazionale: tolte le domeniche gratuite, gli ingressi restano ben lontani da quelli di un’attrazione turistica di rilievo, nonostante ospiti i Bronzi di Riace e le testimonianze della Magna Grecia.
Forse è il momento di cambiare prospettiva. Servono interventi capaci di trasformare davvero Reggio Calabria in una meta turistica e produttiva, anziché accontentarsi di progetti scollegati da una visione di sviluppo sostenibile e concreto."
Il post non è un fulmine a ciel sereno, l'approvazione del PSC infatti è stata anche oggetto di una discussione con gli ordini professionali che hanno sollecitato l'avvio dei programmi attuativi che oggi limitano ed impediscono ogni possibilità di trasformazione in gran parte del territorio.
Il PSC che dovrebbe essere lo strumento di programmazione per i prossimi 20-30 anni, appare prevalentemente strutturato per la conservazione di un sistema infrastrutturale ed urbanistico devastato dal degrado urbano.
Non ha torto l'architetto Falduto nell'affermare la necessità di sviluppare un sistema turistico, di fatto il Museo del Mare ( Centro delle Culture del Mediterraneo) rimane un'opera accessoria allo sviluppo non può rappresentare il "volano" dell'economia. Economia una parola decontestualizzata che non può essere circoscritta solo al settore turistico, troppo fragile e stagionale, ma ad un insieme di attività che il territorio deve saper svolgere.
Se parliamo di turismo allora si deve necessariamente partire dall'accoglienza turistica e dall'organizzazione dei servizi che oggi sono sconosciuti. La balneazione, il recupero delle spiagge, la creazione di posti letto, la nautica ed il diporto, il recupero turistico del parco lineare sud, il recupero delle strutture e spiaggia ad uso turistico che si affacciano sul lungomare, la gastronomia autentica, l'organizzazione e l'accoglienza sono fattori imprescindibili e trainanti. Il museo, il waterfront, sono elementi importanti ma accessori per un reale sviluppo del settore turistico che vada oltre il "vedo e vado".
Certamente gli esercizi di progettazione sono utili per individuare idee e prospettive ma l'idea si può sviluppare concretamente solo sanando la scollatura tra le varie istituzioni e coinvolgendo i privati per un difficile quanto improbabile riassetto del territorio attraverso misure che possano portare effetti ed interessi reali senza derive speculative.
La sostenibilità del Museo del Mare e lo sviluppo delle attività previste potranno vivere solo con il sostegno economico dello Stato, se verrá inserito tra i beni culturali nazionali o da concessione a terminal crociere e enti fieristici, non certamente solo con il biglietto d'ingresso dei tanti visitatori.