Attualità

Flash mob “L’urlo della vita e l’indifferenza che uccide

Il momento di preghiera e riflessione, viene aperto dal discorso dell’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone

di Antonio Ciro - 22 marzo 2024 14:37

Nel pomeriggio di giovedì, nella centralissima piazza Italia, si è tenuto il flash-mob dal titolo “L’urlo della vita e l’indifferenza che uccide”, organizzato dal Coordinamento Diocesano Sbarchi, per sensibilizzare le coscienze sulla situazione insostenibile dei migranti che continuano a morire nel Mediterraneo e per le vittime delle guerre in corso. Una scelta, spiega il coordinamento, per «cominciare ad alzare la voce come fedeli, come persone di chiesa».

Don Italo Calabrò in questa terra lo aveva già detto: «nessuno escluso mai». E la risposta davanti a simili drammi può essere solo quella di un «andare incontro con amore e tenerezza». Nella speranza, chiosa il Coordinamento Diocesano Sbarchi, che a nessuno venga negato il diritto alla vita, perché di questo si tratta.

Il flash-mob inizia con la lettura di una poesia, davanti ad un telo azzurro che rappresenta il mare ricoperto di relitti, ma anche tutte le zone da cui i migranti scappano in cerca di una dignità, come persone, ormai perduta nella loro terra natale.

Il momento di preghiera e riflessione, viene invece aperto dal discorso dell’arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, monsignor Fortunato Morrone, “Siamo qui per pregare, ma la preghiera non è una richiesta di aiuto a Dio perché intervenga. E’ Dio a chiedere aiuto a noi affinché rendiamo più umana l’esistenza di cui ci ha fatto dono”.

A poi proseguito elogiando il lavoro di tutti i volontari che si prodigano per l’accoglienza e il salvataggio dei migranti: “Siamo tutti in questa barca che si rompe in mille pezzi e che dobbiamo preservare. Ma ci sono segnali di speranza, anche stasera in questa piazza. Se ci mettiamo insieme, l‘umanità riscopre la bellezza e la vita, perché nella profondità del nostro cuore, dove sperimentiamo la condivisione, c’è Dio. C’è dunque speranza. C’è un vento che ci sospinge nonostante le tempeste della storia.

Il pensiero va a don Primo Mazzolari e al suo «io mi impegno» nella speranza che questo diventi presto un «noi ci impegniamo». Un «I care» contro il girarsi dall’altra parte facendo finta che il problema non esista. Certo difficile pensare per un comune cittadino di poterlo risolvere da solo, ma insieme è possibile fare la differenza.

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